CIRCOLARE NOVITA’ MATERIA CONSULENZA DEL LAVORO 2021

Pesanti sanzioni per il datore di lavoro che paga le retribuzioni in modalità non tracciata

L’articolo 1, commi 910 – 914, della legge 205/2017 prevede che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro, o i committenti, corrispondano ai lavoratori le retribuzioni, o l’anticipo di esse, solo attraverso banche, poste, o utilizzando sistemi di pagamento elettronico. Da questa data, pertanto, non è più possibile pagare in contanti, a prescindere dalla tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

I rapporti interessati sono quelli di lavoro subordinato (articolo 2094 del Codice civile), quelli originati da collaborazione coordinata e continuativa, nonché i contratti di lavoro instaurati in qualunque forma dalle cooperative con i propri soci secondo la legge 142/2001. La firma apposta dal lavoratore nella busta paga, a conferma di un orientamento peraltro consolidato in giurisprudenza, non viene considerata prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. La disposizione non si applica ai rapporti di lavoro in essere con le pubbliche amministrazioni e a quelli rientranti nell’ambito di applicazione del lavoro domestico.

La violazione dell’obbligo costa al datore di lavoro, o committente, una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.

L’Ispettorato nazionale del lavoro è intervenuto più volte sull’argomento precisando che sono esclusi dalla tracciabilità (nota 4538/2018) i pagamenti effettuati nei confronti dei borsisti, dei tirocinanti e dei prestatori d’opera occasionale. Evidenzia, inoltre, che la sanzione non è diffidabile e che vige il criterio di riproporzionamento (importo più favorevole al datore di lavoro tra il doppio del minimo e il terzo del massimo della sanzione applicata). Raccomanda, altresì, ai propri ispettori, di verificare non solo che il datore di lavoro abbia pagato in modalità tracciata, ma anche che il pagamento sia andato a buon fine.

Nella nota 5828/2018 è stato precisato che, a prescindere dal numero dei lavoratori interessati, la sanzione va moltiplicata per ogni mese in cui si è protratto l’illecito.

Si pensi al caso di un soggetto che paghi il suo unico dipendente in contanti per due anni. La sanzione applicata sarà pari a 40.000 euro circa, ovvero 1.666,67 (importo più favorevole tra il doppio del minimo e un terzo del massimo della sanzione prevista) per 24 mesi. Nella stessa occasione, viene precisato anche che è possibile pagare il lavoratore con versamento effettuato su carta di credito prepagata, anche se non collegata ad un Iban purché, ovviamente, si possa provare che il pagamento sia stato inequivocabilmente riconducibile a quel soggetto.

Con la nota 6201/2018 l’Ispettorato ha affermato che non è obbligatorio tracciare la retribuzione quando si corrispondono somme a titolo diverso, quali gli anticipi di cassa sostenuti dal lavoratore nell’interesse dell’azienda (rimborso spese viaggio, vitto, alloggio eccetera).

Di estremo interesse risulta l’apertura alla possibilità di bonificare, a richiesta del lavoratore, la retribuzione a un soggetto diverso dallo stesso (ad esempio coniuge convivente) e la raccomandazione, agli ispettori, di segnalare eventuali pagamenti in contanti, oltre soglia rispetto alla normativa antiriciclaggio, al fine delle segnalazioni di rito preordinate alla irrogazione dell’apposita sanzione che si somma, e non sostituisce, quella specifica riferita alla tracciabilità della retribuzione (nota 7369/2018).

Ulteriori precisazioni pervengono con la nota 9294/2018, secondo la quale la sanzione per lavoro nero non assorbe, ma si cumula, a quella per il mancato pagamento tracciato delle retribuzioni, e che quest’ultima viene applicata, nel caso il lavoratore in nero percepisca la retribuzione con periodicità diversa da quella mensile, per tante volte quanti sono i giorni in cui gli viene erogata la retribuzione.

Le ultime precisazione pervengono dall’Inl con nota 473/2021, ove viene precisato che la sanzione si applica anche se il lavoratore dichiara di aver percepito la retribuzione, ma non è possibile provarne la tracciabilità, e con nota 606/2021, ove l’Ispettorato asserisce che non sia possibile applicare l’istituto del cumulo giuridico.

Sanzionato il Datore di Lavoro che omette la comunicazione di infortunio

Il Decreto legislativo 81/2008, ai sensi dell’art. 18, comma 1 bis, lettera r), a decorrere dal 12 ottobre 2017, ha statuito che tutti i datori di Lavoro hanno l’obbligo di comunicare a fini statistici e informativi all’INAIL e, per il suo tramite al SINP, i dati relativi agli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento.

Tale obbligo deve essere adempiuto entro 48 ore dalla ricezione dei riferimenti del certificato medico.

Come ricorda la circolare INAIL n. 42/2017, il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione di infortunio di un solo giorno a fini statistici e informativi ex art. 18, determina l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 548 ad euro 1972,80, disposta dall’art. 55, comma 5, lettera h), del Decreto 81/2008; con riferimento invece agli infortuni superiori a tre giorni, sempre l’art. 55, comma 5, lett. g), prevede l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 1096 a 4932 euro.

La competenza a comminare tali sanzioni suesposte è in capo agli organi di vigilanza con particolare riferimento agli ISPETTORI Asl.

Comunque l’applicazione della sanzione di cui al comma 5, lett. g) esclude l’applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell’obbligo di denuncia di infortunio di cui all’art. 53 del D.P.R. 1124/1965.

Ferie, permessi di lavoro e festività: disciplina e regole

Il diritto alla Ferie è un elemento irrinunciabile e obbligatorio per il lavoratore. Sono un diritto costituzionale e vanno rispettate per garantire il graduale recupero delle energie lavorative, sia da parte del datore di lavoro che da parte del dipendente.

Durante lo svolgimento del rapporto sono previste altre forme con cui il lavoratore può astenersi dal lavoro, queste sono disciplinate in via specifica da ciascun Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) e dalla legge. Accanto alle ferie infatti vi sono i permessi retribuiti, i congedi e le festività.

Le ferie sono un diritto previsto dall’art. 36 della costituzione infatti, è stabilito che:

“Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

La funzione delle ferie è quella di permettere il reintegro delle energie psico-fisiche del lavoratore, nonché di dedicarsi alla vita famigliare. Il mancato rispetto della disposizione comporta sanzioni in capo al Datore di Lavoro.

Le Ferie annuali sono stabilite nell’art. 10 del D.lgs 66/2003 in un periodo annuale retribuito non inferiore a quattro settimane, salvo condizioni di miglior favore previste dai CCNL.

Il periodo delle quattro settimane non può essere sostituito da indennità per ferie non godute, salvo la risoluzione del rapporto di lavoro.

Tra le settimane minime previste, due settimane di ferie devono essere fruite obbligatoriamente entro l’anno di maturazione e, se richiesto dal dipendente, in modo continuativo, mentre le restanti 2 settimane (o più se previsto dal CCNL) possono essere godute nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione (oltre i 18 mesi se il periodo di ferie è più lungo).

La legge 997/1967 ha contemplato la fruizione di un periodo di ferie non inferiore a 30 giorni per i minori di età inferiore ai 16 anni.

Quando possono essere monetizzate le ferie?

  • In caso di CCNL migliorativi rispetto a quanto previsto dal D.lgs 66/2003, per il periodo minimo eccedente le quattro settimane, queste possono essere monetizzate;
  • Contratti di lavoro in scadenza entro l’anno;
  • Nel momento della risoluzione del rapporto di lavoro.

Durante il lockdown, dovuto all’emergenza Covid – 19, il governo ha dato disposizione di incentivare i datori di lavoro di far uso della fruizione di ferie e dei permessi residui prima di ricorrere all’utilizzo della Cassa Integrazione.

Il Datore di Lavoro che viola la disposizione dell’art. 10, comma 1, del Decr. Legs. Vo n. 66/2003, è punito con la sanzione amministrativa da € 100,00 ad € 600,00 aumentata del 20% da gennaio

2019, pertanto gli importi sono ora compresi fra i 120 e 720 euro.

Se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero si è verificata in almeno 4 anni, la sanzione

amministrativa è da € 800,00 ad € 4500,00 aumentata del 20% da gennaio 2019, pertanto gli importi sono ora compresi tra 960,00 e 5400,00 euro.

Permessi di lavoro

ROL – Riduzione Orario di Lavoro

I permessi per ROL maturano in busta paga durante le giornate di lavoro effettivo, il loro ammontare è determinato dal CCNL di riferimento.

Solitamente è prevista una scadenza per la fruizione degli stessi, in assenza della quale è prevista la loro liquidazione nell’anno successivo (solitamente nei mesi di Giugno e Luglio). Non sono previste sanzioni, diversamente da quanto previsto per le ferie, in caso di monetizzazione degli stessi.

Permessi Ex-Fs – Permessi Ex Festività

Quanto disposto per ROL è valido per i Permessi Ex Festività. Questi sono determinati in base al singolo CCNL di riferimento e sono chiamati Permessi Ex Festività per via della L. 54/1977 che, contemplava festività oggi non più riconosciute dagli effetti civili, quali: Corpus Domini, Santissimi Pietro e Paolo, San Giuseppe e Festività dell’Ascensione. Sia i permessi per ROL che per Ex-Fs, indicati nel cedolino, fanno riferimento a quelli maturati nell’anno precedente, anno in corso, fruiti e saldo differenziale.

Il SALDO dei contatori può avere segno positivo o negativo, questo dipenderà da quanto effettivamente fruito nel corso del rapporto di lavoro. Nel caso di saldi negativi, cioè quando il dipendente ecceda il quantum previsto dal CCNL, nel caso in cui le ore di ferie o permesso non siano riassorbite tramite l’ordinario di lavoro, le stesse saranno portate in diminuzione

all’ammontare delle spettanze di lavoro in sede di chiusura del rapporto di lavoro.

Quali sono le principali differenze tra ferie e ROL?

Pur essendo entrambi diritti dei lavoratori, esistono alcune importanti differenze tra ferie e permessi retribuiti. In particolar modo ferie e permessi differiscono per:

Fruizione

La principale differenza tra ferie e permessi riguarda la modalità di fruizione: infatti, se le ferie maturate possono essere godute dal lavoratore in gruppi di giorni, i permessi possono essere utilizzati in gruppi di ore. Si possono usare i permessi come ferie? Qualora il lavoratore decidesse di accumulare le ore di permesso per raggiungere una giornata di ferie dovrà essere in accordo con il datore di lavoro.

Scadenza

Anche in termini di scadenza ferie e permessi sono molto differenti. Infatti, se le ferie non godute possono essere monetizzate esclusivamente in caso di risoluzione del rapporto lavorativo (dimissioni, licenziamento o pensionamento), i permessi ROL possono essere monetizzati dal lavoratore in busta paga in qualsiasi momento. A differenza del settore privato, nel pubblico impiego ferie e ROL non possono essere monetizzati in nessun caso: per questo devono essere sempre utilizzati dal lavoratore.

Maturazione in caso di malattia

Quando un lavoratore è in malattia continua a maturare ferie e ROL? Per quanto riguarda le ferie, il lavoratore continua a maturare i giorni senza alcuna differenza. Al contrario, un lavoratore in malattia non può maturare ore di permessi ROL.

Welfare Metalmeccanici

Nei rinnovi dei CCNL Metalmeccanica Industria, Telecomunicazioni, Orafi Argentieri e Gioiellieri, personale non medico, Case di cura, Centro Analisi, Poliambulatori, Servizi Assistenziali, ecc…, sono state introdotte scadenze e quote di servizi welfare da mettere a disposizione dei collaboratori.

Il primo CCNL a includere il welfare è stato quello dei Metalmeccanici Industria, di cui approfondiamo le modalità, le scadenze e gli importi.

Quali sono gli importi previsti dal welfare metalmeccanici?

Il rinnovo 2021-2024 del Contratto del settore Metalmeccanico Industria ha confermato quanto previsto nel CCNL del 26 novembre 2016. Il valore dei beni e servizi di welfare da mettere a disposizione dei collaboratori entro il 1° giugno di ogni anno è pari a:

  • 200€ per il 2021
  • 200€ per il 2022
  • 200€ per il 2023
  • 200€ per il 2024

Inoltre, è stato siglato a settembre 2020 il rinnovo del CCNL Metalmeccanico PMI di Cifa e Confsal che resta in vigore fino al 2023.

Il contratto prevede che debbano essere messi a disposizione dei collaboratori strumenti di welfare aziendale per importi pari a:

  • 200€ dal 1° giugno 2021
  • 200€ dal 1° giugno 2022
  • 200€ dal 1° giugno 2023

A chi si rivolgono le disposizioni contrattuali?

Ai collaboratori assunti entro il 31 dicembre di ciascun anno o in forza il 1° giugno (sia con contratto a tempo indeterminato che determinato) che abbiano superato il periodo di prova.

Sono esclusi coloro che per il periodo 01/06-31/12 si trovano in aspettativa non retribuita.

Nel caso di contratti a termine, per disporre dei servizi welfare, i collaboratori devono avere maturato un’anzianità di servizio di almeno 3 mesi complessivi nel corso dell’anno.

È importante specificare che, qualora in azienda siano presenti altri benefit e strumenti di welfare, i servizi prescritti dal CCNL Metalmeccanici Industria si vanno ad aggiungere, ad esempio, ai buoni pasto.

I vantaggi per l’azienda e i collaboratori

L’introduzione di servizi di welfare offre vantaggi sia alle imprese che ai collaboratori.

Contribuendo al miglioramento del work life balance, della qualità della vita e del benessere, le imprese hanno la preziosa opportunità di incrementare le performance e ottimizzare i costi del lavoro, grazie ai benefici fiscali.

Quali sono i flexible benefit metalmeccanici più apprezzati e diffusi?

Il buono acquisto fa parte dei servizi di welfare aziendale erogabili come benefit e risulta ancora più vantaggioso: oltre a essere una soluzione versatile, pratica ed efficace per rispondere alle diverse esigenze dei collaboratori, è deducibile fino all’importo massimo di 258,23€ per collaboratore.

I destinatari di un buono regalo, non dovendosi preoccupare della tassazione, possono dunque avere a disposizione il suo intero valore facciale.

Secondo le limitazioni definite dagli Articoli 51 e 100 del TUIR, gli ambiti di applicazione della defiscalizzazione dei servizi di welfare sono i seguenti:

  • Buoni spesa/carburante/regalo
  • Buoni pasto, mensa o convenzioni aziendali
  • Benefit relativi ai trasporti (abbonamenti, navette)
  • Previdenza integrativa e assicurazioni medico-sanitarie
  • Buoni viaggio, wellness, attività sportive e tempo libero
  • Supporto alle famiglie per figli o familiari non autosufficienti.

Dal 15 Ottobre 2021 estensione del Green Pass nei luoghi di lavoro

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 16/09/2021, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 (cd. Green Pass) e il rafforzamento del sistema di screening.

In attesa della pubblicazione in G.U. nonché delle conseguenti interpretazioni amministrative, di seguito evidenziamo le principali previsioni afferenti il lavoro privato: non appena usciranno le dovute specifiche vi informeremo tempestivamente

La disposizione introduce l’obbligo di possedere ed esibire la certificazione verde Covid- 19 (cd. Green Pass) per accedere ai luoghi di lavoro a decorrere dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, data di cessazione dello stato di emergenza.

La finalità è quella di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2 e, pertanto, chiunque svolga attività lavorativa nel settore privato è tenuto, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui si svolge l’attività stessa, a possedere ed esibire, su richiesta, il Green Pass.

Si ricorda che il Green pass si ottiene nei casi di avvenuta vaccinazione, test molecolare o rapido negativo, guarigione da COVID-19.

L’obbligo riguarda anche tutti i soggetti che svolgano, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato in tali luoghi, anche sulla base di contratti esterni.

Non sono soggetti a tale obbligo i lavoratori esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della Salute.

Al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, i lavoratori che comunichino di non essere in possesso del Green Pass o risultino privi della certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, verranno sospesi dalla prestazione lavorativa, con comunicazione immediata.

La sospensione sarà efficace fino alla presentazione del Green Pass e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza.

La sospensione non comporterà conseguenze disciplinari, restando fermo, altresì, il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.

Per il periodo di sospensione non saranno dovuti la retribuzione né altro compenso od emolumento, comunque denominato.

Per le imprese con meno di 15 dipendenti – (al momento sembra questa la previsione letterale, ma sarà da verificare se debbano intendersi solo le imprese o piuttosto tutti i datori di lavoro con meno di 15 dipendenti) è previsto che, ferma restando la sospensione del rapporto di lavoro, il datore potrà stipulare un contratto a tempo

determinato per la necessaria sostituzione, dopo il quinto giorno di mancata presentazione del Green Pass, per una durata corrispondente alla sospensione e comunque per un periodo non superiore a dieci giorni e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.

I datori di lavoro saranno tenuti ad assicurare il rispetto delle prescrizioni e a tal fine, entro il 15 ottobre 2021, dovranno definire le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche.

I controlli saranno effettuati prioritariamente, ove possibile, all’accesso nei luoghi di lavoro e, nel caso, anche a campione.

Per i lavoratori esterni, la verifica sul rispetto delle prescrizioni potrà essere effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.

I datori di lavoro, inoltre, dovranno individuare con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle eventuali violazioni.

Soggetti che possono verificare la certificazione verde Covid 19

Il DPCM 17 giugno 2021 individua i seguenti soggetti come deputati a verificare la certificazione:

  • i pubblici ufficiali;
  • il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo nei luoghi aperti al pubblico o nei pubblici esercizi;
  • i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi che organizzano feste o cerimonie per cui è prescritta la certificazione verde Covid 19;
  • il proprietario o il detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività per cui è prescritta la certificazione verde Covid 19;
  • i vettori aerei, marittimi e terrestri;
  • i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio -assistenziali per l’accesso dei visitatori per cui è prescritta la certificazione verde Covid 19.

Se il controllo della certificazione viene affidato ad un dipendente/collaboratore delle strutture ricettive, dei vettori, delle strutture che organizzano eventi, l’incarico al controllo della certificazione deve essere formalizzato con atto scritto comprensivo delle istruzioni sulle modalità con cui viene effettuata l’attività di verifica che prevede:

  • la possibilità di richiedere l’esibizione del documento di identità;  il divieto di raccolta dei dati in qualunque forma.

La verifica avviene attraverso l’utilizzo della app “VerificaC19” scaricabile dal sito www.dgc.gov.it e consente di controllare la validità del titolo esibito sia su supporto informatico che cartaceo senza acquisire alcun dato personale.

A livello sanzionatorio è previsto:

  • per i lavoratori che abbiano avuto accesso violando l’obbligo di Green Pass, la sanzione pecuniaria da € 600,00 ad € 1500,00;
  • per i datori di lavoro che non abbiano verificato il rispetto delle regole e che non abbiano predisposto le modalità di verifica è invece prevista una sanzione da € 400 ad € 1000,00.

Durata del Green Pass

Per le persone guarite dal Covid, la certificazione verde sarà valida a decorrere dalla somministrazione della prima dose di vaccino (la normativa attuale prevede invece che la validità decorra dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione). In conferenza stampa il Governo ha annunciato che, con un distinto provvedimento, sarà prolungata a 72 ore la validità dei certificati verdi connessi a test antigenici molecolari.

Costo dei tamponi

Il costo dei tamponi NON è a carico dei datori di lavoro. Le farmacie sono tenute ad assicurare la somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2 a prezzi calmierati. Viene istituito un fondo destinato a finanziare l’esecuzione gratuita dei test molecolari e antigenici rapidi, per i cittadini con disabilità o in condizione di fragilità che non possono effettuare la vaccinazione anti SARS-CoV-2 a causa di patologie ostative certificate, nonché per i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica.